Ci sono rivoluzioni | LA MOSTRA


Ci sono Rivoluzioni che devono il loro successo in termini di merchandising al fatto di aver smesso di essere anche potenzialmente destabilizzanti. Rivoluzioni che, malauguratamente, hanno confermato la rappresentazione di volo di gallina che ne fa Louis-Ferdinand Céline. Ce ne sono altre che, invece, sulle t-shirt non attaccheranno mai: il mercato sa bene cosa ancora gli può fare paura.


“La terra degli uomini integri”, Burkina Faso, è il nome che Thomas Sankara ha donato al suo “Alto Volta” liberato, un anno dopo aver dato il via alla più semplice delle rivoluzioni, quella che, senza tante parole, agisce, al vivo, sui tessuti più intimi e profondi della società: il lavoro e l’istruzione.

In uno spazio coloniale — come tanti in Africa — sul quale la Francia e l’Occidente tutto avevano imposto una dominazione basata sul business della dipendenza dagli aiuti umanitari e sull’imposizione di un modello esistenziale e di consumo d’importazione, Sankara mise in atto un processo di realizzazione delle profonde aspirazioni di indipendenza, libertà, progresso economico e sociale di un popolo che, a ben vedere, appariva come la vittima universale di ogni vessazione, tanto umana quanto naturale.
Non a caso, alla base della spinta rivoluzionaria di Thomas Sankara, primeggiava l’idea di farsi erede, col suo popolo, delle lotte di tutto il cosiddetto Terzo Mondo, di ergersi a portavoce del grido di rivolta dei paesi “non allineati”, il cui status così violentemente imposto dalle politiche imperialiste dell’Occidente sanguisuga, si prefiggeva di sostituire con la consapevolezza e la responsabilità di un avvenire da inventare. 

Il 4 agosto dell’83 con quello che i libri di storia raccontano come un “colpo di Stato”, ma  che più onestamente andrebbe tramandato come la più deflagrante esplosione rivoluzionaria della storia africana, questo giovane generale di formazione marxista, ha messo sul tavolo del dibattito politico termini quali “sviluppo”, “giustizia sociale”, “autodeterminazione” affiancandoli ad un ventaglio di soluzioni pragmatiche determinanti per iniziare il processo di emancipazione che aveva in mente per il suo popolo: vaccinazioni, scuole, pozzi.

L’analfabetismo, la mortalità infantile, la dipendenza economica ed alimentare, il debito nazionale, il disarmo, il ruolo della donna, nei suoi discorsi, hanno smesso di essere argomenti di propaganda svuotati di senso per diventare i cardini stessi della sua azione politica. Un’azione concertata con la popolazione, resa partecipe del cambiamento attraverso un coinvolgimento attivo. 
Un paese agricolo ha la sua forza in primis nella sua gente (fatta per il 90% di agricoltori), se questa diventa consapevole dei suoi mezzi e del suo ruolo. Di conseguenza, anche la distanza tra governanti e governati si accorcia, attraverso un metodico avvicinamento degli uni agli altri, partendo dall’appianamento delle possibilità economiche e dalla cancellazione dei privilegi dei primi. 
Il sogno di Sankara è durato troppo poco, ma abbastanza da dimostrare contestualmente e in maniera incontrovertibile, che un mondo diverso sia realmente possibile e che agli occupanti delle stanze dei bottoni non piacerà affatto.
Il Presidente Rivoluzionario, seminate le sue idee, si è schiantato contro la realtà violenta del compromesso e dei giochi di potere ed ha restituito la sua vita in cambio del modernissimo sogno di felicità rivoluzionaria.

Forse non è un caso che la storia di Sankara non sia stata ancora raccontata abbastanza, il pericolo che un virus così potente come le idee di un visionario di tal fatta possa diffondersi ed attecchire è troppo reale per lasciargli spazio libero. 
Tramandare la sua storia, una storia piccola piccola, a trent’anni dalla scintilla rivoluzionaria che le diede vita, è fondamentale, ma è ancora più importante per noi, considerando i mezzi di cui disponiamo, poter lavorare con e sulle sue idee. Estraendole dall’alveo storico in cui sono state concepite e traghettandole nel presente. Sono materia viva, il migliore degli inchiostri per disegnare  storie nuove, attuali, rivelatrici. 
Quelle che il Presidente povero, rivoluzionario, femminista, visionario ci ha lasciato sono, a livello esistenziale, traiettorie precise ed indicazioni sane da tenere a mente ed applicare, quotidianamente, ma a livello narrativo sono degli incipit che ci permettono di lanciare oltre la siepe il senso del suo vissuto e del suo pensiero politico.
Ognuna delle brevi storie a fumetti è ispirata ed intitolata ad uno dei capisaldi del Sankara-pensiero. Questo piccolo consesso di ordinari storyteller si vuol fare custode dei germogli di rivoluzione, con la consapevolezza che la sola volontà di farli germinare – non troppo tempo fa - ha permesso ad un popolo debole e vessato di intravedere la luce della felicità rivoluzionaria.

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